Nel 2019 è stato pubblicato il libro autobiografico scritto da Red West e sua moglie Pat, dal titolo "A Hell Of A Ride - Red West: Recollections of a Remarkable Life Before, During and After Elvis & The Memphis Mafia".
In questo articolo proponiamo alcuni stralci:
ANEDDOTO 1:
La prima volta che io ed Elvis ci mettemmo per strada, era un giorno di pioggia, e ci stavano dirigendo a Grenada, Mississippi, per un'esibizione. Eravamo a circa 100 miglia da Memphis sulla U.S. 51. Ad un certo punto uscimmo di strada - niente di serio, ma la nostra Ford Fairlane rimase impantanata. Elvis stava cercando di tirarci fuori, ma senza molto successo, così mi misi al volante e, a forza di andare avanti e indietro, riuscì a tirarla fuori. Funzionò, ma Elvis, che stava spingendo da fuori, venne spruzzato di fango sui vestiti.
"Per questa volta, ti esibirai con i vestiti con cui hai viaggiato".
non c'erano spogliatoi o guardaroba. Il fango si notava un po', ma non era una cosa così indecente, ed Elvis spiegò al pubblico quello che era successo, e la gente si godette lo spettacolo.
Fu il momento in cui iniziai non solo a guardare le esibizioni di Elvis, ma a guardare anche come il pubblico lo guardava. Notavo come si muoveva, il modo in cui agitava le gambe e come il pubblico impazziva.
Dopodiché un paio di ragazze ci invitarono a casa loro, ci andammo e bevemmo una soda insieme. Non restammo molto poiché avevamo molta strada da fare per tornare a Memphis sotto la pioggia, ma prima di andarcene, andammo a mangiare qualcosa. Stavamo mangiando il nostro sandwich, quando un paio di ragazzi entrarono nel locale, che era deserto.
Subito uno di loro iniziò a dire: "Così, tu sei arrivato in paese ed ti sei avvicinato alla mia ragazza, eh?".
Ascoltammo i suoi discorsi per un minuto o due, e ci alzammo per andarcene. Ma uno dei ragazzi notò il fango sul fondo dei pantaloni di Elvis ed iniziò a dire: "Guardalo! Ha così paura da essersela fatta nei pantaloni!"
Aveva passato il segno per quanto mi riguardava. Il tizio era seduto su uno degli sgabelli, lo affrontai dicendogli: "Hai qualche problema?".
Lui disse: "Esattamente, ho un problema con te, che sei venuto qui per vedere la mia ragazza".
Lo fulminai. "Non sembra sia un problema per lei!".
Mi rispose: "Ho qualcosa in tasca che si occuperà di te...", ma mentre stava per prendere qualsiasi cosa fosse, l'avevo già scaraventato giù dallo sgabello. Subito dopo qualcosa mi afferrò la spalla destra e sapevo che non era Elvis. Mi girai e colpii anche l'altro tizio, la cui testa andò a sbattere per terra, tra i piedi di Elvis. Mi voltai per finire il primo ragazzo, ma corse dietro il bancone.
Presi le chiavi da Elvis e uscii a prendere la macchina. Quando tornai, c'era Elvis che parlava con quei tizi.
Ecco in cosa eravamo diversi. Nessuno di noi voleva problemi, sebbene non fossimo capaci di lasciar perdere. Ma dove io sapevo che era il momento di lasciare la scena, Elvis rimaneva lì, se lo lasciavi, a parlare con il nemico o a chiacchierare con le ragazze. Non era più il ragazzino timido della scuola.
La nostra serata non era ancora finita.
Lo portai fuori dal locale e si mise al volante. Ci stavamo dirigendo verso Memphis, mentre fumavo una sigaretta, ridendo e parlando riguardo quello che era successo quella sera. Abbassai il finestrino per gettare il mozzicone, ma non ne volle sapere di tornare su, lasciando così entrare la pioggia. Sicuramente non potevamo tornare a Grenada per farlo riparare, e l'unica cosa che avevamo per risolvere il problema era la custodia della chitarra di Elvis, che misi al posto del finestrino e tenni contro per tutto il tempo fino a Memphis, controllando lo specchietto per assicurarmi che la polizia del Mississippi non iniziasse ad interessarsi a noi.
ANEDDOTO 2:
Elvis fece due anni di servizio militare, da Marzo 1958 a Marzo 1960. La maggior parte del tempo fu in Germania. A differenza della maggior parte dei soldati, il cui unico introito era la paga dell'Esercito, lui poté avere amici e famiglia vicino a sé, e Red fu uno di quelli che volle avere vicino. Red era stato congedato da poco dopo due anni nel Corpo dei Marines, quando andò a trovare Elvis per augurargli buona fortuna, salutarlo, e immaginare qualcosa da fare per un paio di anni fino al suo ritorno.
Ma come successe spesso nella vita di Red, le cose presero un corso diverso.
Elvis disse che voleva me e Lamar Fike con lui, Vernon e la nonna Minnie Mae Presley in Germania. Affittò una casa dove avremmo potuto stare tutti insieme. Fu la versione più ridotta della Memphis Mafia, ma eravamo utili come non mai. Eravamo lì come amici per farci compagnia e come colleghi per occuparci degli affari, che in questo caso era la sua sicurezza e fare qualunque cosa lui voleva venisse fatta.
Rimasi con lui per i primi otto mesi della sua permanenza a Bad Nauheim. Fu un momento difficile per Elvis e che non aveva nulla a che fare con il servizio militare nell'esercito americano. Fu un buon soldato, non si cacciò mai nei guai e fece quello che doveva fare.
Per Elvis il problema era qualcosa che non stava succedendo: esibirsi. Non era di aiuto il fatto che Fabian fosse al 1° posto nelle classifiche e che il ragazzo non potesse cantare.
Ma le circostanze che portavano preoccupazione ad Elvis erano differenti.
Un giorno entrai nel soggiorno della casa che aveva preso in affitto. Non c'era nessuno ed Elvis era seduto per terra da solo, in silenzio.
Gli dissi che sembrava avesse avuto una brutta giornata e gli chiesi se andava tutto bene. Guardò verso di me e disse: "Red, avevo raggiunto la vetta, amico. Ce l'avevo fatta ed improvvisamente tutto mi è stato strappato via. Sono stato arruolato nell'esercito, poi mia madre è morta mentre ero in un campo militare e sono stato spedito in Germania, poi mio padre ha soffiato la moglie ad un sergente mentre il tizio era a congelarsi il c**o in servizio. Tutta questa m***a mi fa stare male. Io sono qui e la mia carriera è finita. E' difficile da gestire".
Sapevo esattamente cosa intendeva. Pochi mesi prima mio padre era morto lo stesso giorno in cui morì Gladys Presley, ed Elvis ed io ci disperammo insieme. Non conoscevamo i piani del Colonnello Parker, a parte il fatto di non far esibire Elvis durante il servizio militare. Tutto era triste.
Gli dissi: "Elvis, uno dei tuoi gospel preferiti è "I Believe In The Man In The Sky".
Lui disse: "I believe with His help that I’ll get by (Credo che con il Suo aiuto potrò farcela)".
"Pensa a quella canzone e sappi che tutto si sistemerà finché tu crederai".
Elvis ci pensò, si alzò e andò al pianoforte e suonò la canzone. Mi misi seduto in un angolo della stanza, preso dall'emozione e non riuscii a dire nessun'altra parola. Ma dopo che Elvis suonò la canzone, entrambi sentimmo, in qualche modo, che tutto sarebbe andato per il meglio. Quello fu uno di quei momenti seri, lontano dai riflettori, in cui un amico si affida ad un altro amico.
ANEDDOTO 3:
Altre volte fu una grande cantonata, come quella volta a Las Vegas.
In quel periodo, Red e suo cugino Sonny erano guardie del corpo di Elvis e dovevano avere a che fare con qualsiasi cosa, dai fans più scanzonati alle minacce più pericolose.
Tutte le volte in cui c'erano tensione, noi inventavamo un modo per alleggerire tutto. E con Elvis questo significava mettere in scena qualche birichinata. Una volta a Las Vegas, io ed Elvis progettammo un piano che avrebbe dovuto farci divertire con gli Stamps Quartet, il gruppo che faceva da coristi per Elvis.
Solitamente, dopo un concerto, Elvis e gli Stamps salivano nella suite e cantavano canzoni gospel solo per il gusto di farlo, perché a loro piaceva farlo. Dopo quel particolare concerto, presi i cantanti da parte e dissi: "Ragazzi, c'è stata un'altra minaccia. Restate dietro di me mentre saliamo alla suite e seguitemi".
Quel giorno, avevo ricevuto alcune pallottole a salve per me, Sonny e altri due ragazzi. Le avevamo messe nelle nostre pistole prima dello spettacolo di Elvis ed è una bella cosa che non successe nulla durante il concerto perché saremmo finiti in un sacco di guai.
Quando il concerto arrivò alla fine, mi diressi giù nel lungo corridoio, con Elvis e gli Stamps al seguito, Sonny e le altre due guardie allertate.
Andai verso l'angolo e alzai la mano, girai l'angolo e dissi agli altri di fare in fretta. Arrivammo all'ascensore e salimmo al 30° piano.
Dissi: "Restate tutti dietro, così posso vedere fuori".
Gli Stamps erano tranquilli.
Una volta entrati nella suite, andammo verso il bar. Sonny si diresse verso la cucina, che era separata, dove non poteva essere visto. Quando fui sicuro che era in posizione, annunciai: "OK ragazzi, ce l'abbiamo fatta".
Sonny, allora, camuffando la sua voce, gridò: "Presley, figlio di p*****a!" e fece sparare la sua pistola.
J.D. Sumner, capo degli Stamps Quartet, spinse Elvis sul pavimento e si mise sopra di lui. Il nipote di J.D., Donnie Sumner, tentò di saltare oltre il bar, ma si scontrò con le bottiglie e sbatté il ginocchio. Ed Enoch andò dall'altra parte del bar ed urlò: "Datemi una pistola!".
Ed il tenore, che era molto religioso, trovò un posto dove pregare.
Ognuno degli altri due della sicurezza spararono e si finsero morti. Io sparai in direzione di Sonny e poi presi un proiettile. Gli Stamps non potevano vedere Sonny, il quale prese del succo di pomodoro e se lo mise sulla mano, coprendola completamente.
Poi Sonny uscì e loro erano quasi svenuti. Dopo che si furono ripresi dallo shock, si misero a ridere e J.D. disse: "Sapete, ho spinto giù Elvis e lo sentivo tremare. Credevo avesse paura, invece stava solo
ridendo!" .
Nessuno rideva più forte di Elvis!
(c) Red West "A Hell Of A Ride"