In questo articolo viene analizzata la carriera cinematografica di
Elvis Presley, cercando di capire cosa non ha funzionato.
E' opinione di
molti fans che la responsabilità sia da addossare completamente al Col. Parker,
per il fatto di aver dato la priorità unicamente al guadagno economico, senza
preoccuparsi della sostanza dei film interpretati da Elvis, con la conseguenza
di generare una crescente insoddisfazione in lui, fino al punto di farlo
desistere.
In questo
articolo, invece, si è tentato di analizzare altri aspetti di questa vicenda,
forse altrettanto importanti per una giusta "diagnosi" di ciò che ha
portato alla fine della carriera cinematografica del re del rock'n'roll.
Ci furono una
varietà di fattori che hanno il loro peso nel deragliamento della carriera di
Elvis, uno dei quali, tenuto poco in considerazione: Elvis si è arreso troppo
presto.
Nel 1969,
quando Elvis fece il suo ultimo film, aveva solamente 34 anni. Questa è un'età
in cui la maggior parte degli attori stanno iniziando a trovare la loro strada.
Burt Lancaster,
ad esempio, aveva 33 anni quando fece il suo primo film; e John Wayne ne aveva
32 ed era un veterano di film di serie B (o anche di più basso grado), quando
John Ford lo scelse per il film "Stage Coach" nel 1939. Prima di
questa data, John Wayne aveva ricevuto ancor meno considerazione nel mondo del
cinema di quanto ne avesse ricevuta Elvis.
Se Elvis fosse
rimasto ancora in gioco, è probabile che qualche regista avrebbe potuto
sceglierlo per ruoli migliori, come è capitato a John Wayne con John Ford.
E' comunque
vero che Elvis era molto giovane quando è approdato ad Hollywood e nel 1969
aveva già molti anni di cinema sulle spalle, ma era ancora lontano dall'essersi
bruciato la carriera in tale ambito.
Anthony Quinn,
ad esempio, ebbe per moltissimo tempo piccoli ruoli, ma continuò a cercare
opportunità e, quando sostituì Marlon Brando in "Streetcar" a
Broadway, gli venne finalmente data la possibiltà di essere una vera star del
cinema.
Questi sono
tutti esempi alla cui base sta la perseveranza, continuare a mettersi in gioco,
attendendo l'occasione per dimostrare cosa si è in grado di fare.
La grande
differenza tra Elvis e questi attori, è che Elvis aveva un'altra carriera di
cui occuparsi, ossia quella di cantante, la quale era molto più soddisfacente.
D'altro canto, però, c'è da dire che il successo di Elvis come cantante è
arrivato talmente presto e talmente improvviso da non dargli modo di capire in
che modo funzionano realmente le cose in questo settore. Un successo immediato
ed esplosivo come il suo. gli ha probabilmente dato una prospettiva poco
realistica di ciò che succede alla maggior parte degli artisti nel mondo dello
spettacolo: la maggior parte di loro, infatti, impiega parecchi anni prima di
ricevere anche solo la metà del successo che Elvis ha avuto nell'arco di
brevissimo tempo.
Il confronto
più immediato tra il percorso di Elvis come attore è da fare con Frank Sinatra
e Bing Crosby: entrambi questi ultimi hanno dovuto attendere un'età matura
prima di avere ruoli di spessore - Frank Sinatra aveva 37 anni quando
interpretò "Da qui all'eternità", ma aveva alle spalle ruoli molto
più leggeri in film musicali.
Alla luce di
questi fattori, è lecito pensare che si fosse creata in Elvis un'aspettativa
poco realistica delle tempistiche necessarie per conquistarsi non la popolarità
- che aveva in abbondanza! - ma la stima e la fiducia di registi importanti,
che avessero volontà di affidargli ruoli del tutto diversi da quelli che aveva
interpretato fino a quel momento.
C'è anche da
tenere presente che Elvis non arrivava da prestigiose scuole di recitazione, in
cui poteva aver affinato un talento innato, e quindi il percorso da fare per
ottenere una certa approvazione e credibilità come attore poteva essere più
difficoltoso rispetto a coloro che avevano frequentato per anni tali scuole.
Un altro
aspetto da considerare è il fatto che Elvis si è sempre tenuto lontano dal
frequentare il mondo di Hollywood, preferendo starsene appartato con la sua
cerchia di amici.
Questa mancata
frequentazione, può avergli chiuso alcune strade, non permettendogli di entrare
eventualmente in contatto con le persone giuste in prima persona. Infatti è da
sottolineare che i contatti erano totalmente gestiti dal Col. Parker - suo
manager - che, come detto inizialmente, aveva come priorità l'aspetto economico
di tutta la faccenda e ben poco quello artistico.
Ma Elvis cosa
voleva veramente?
Il bisogno
espresso da lui stesso di avere nuovamente il contatto con il pubblico,
realizzato con l'inizio dei tour, era un bisogno reale oppure era solo
un'alternativa per compensare l'insoddisfazione hollywoodiana?
Se la sua
carriera come attore avesse avuto un percorso diverso, fatto di successo,
avrebbe veramente sentito il bisogno di tornare a così stretto contatto con il
pubblico?
Questa analisi,
in ogni caso, non toglie al Col. Parker le sue responsabilità, e porta anche a
chiedersi se per caso non fosse il Col. Parker il primo a non avere fiducia
nelle capacità recitative di Elvis, visto che fu lui a gestire i vari contratti
e quant'altro.
Se avesse preso
altre direzioni, puntando su un altro tipo di produttori e registi, proponendo
Elvis con più forza in quell'ambito, nessuno può dire con assoluta certezza che
avrebbe ricevuto un rifiuto.
Anzi: nel
momento in cui arrivarono le proposte serie (ad esempio "A Star Is
Born") fu proprio Parker a rifiutarle, demolendo le possibilità di svolta.
Nel film
"Change Of Habit" si inizia ad intravvedere una certa maturità di
Elvis come attore, un inizio che avrebbe potuto avere ben altre prospettive se
tutto non fosse stato stroncato sul nascere.
E' risaputo che
con il senno di poi si possono riscrivere vite intere, e questo scritto non ha
di certo l'intenzione di riscrivere la vita di Elvis o di colpevolizzare
alcuno, ma solamente di prendere in considerazione più prospettive di un
aspetto della vita/carriera di Elvis nel quale non ha potuto esprimersi come
avrebbe voluto.