In occasione del 35° anniversario della morte di Elvis Presley, lo sceriffo della Contea di Jefferson, Bob Pietrafeso, che ricorda vividamente la sua esperienza come addetto alla sicurezza del re del rock'n'roll nel suo ultimo concerto a Denver, racconta che Elvis era molto nervoso, quasi impaurito, nei momenti subito precedenti la sua esibizione in quel concerto del 23 Aprile 1976.
Durante la primavera del 1976 Elvis era diventato molto amico di un certo numero di ufficiali della polizia locale, e Pietrafeso era tra questi.
Lui, come altri ufficiali, ricorda la profonda generosità di Elvis, specialmente il momento in cui Elvis gli regalò un furgone, che ancora Pietrafeso possiede.
"Ha messo il suo braccio intorno a me e mi ha fatto penzolare le chiavi davanti al viso, dicendomi 'E' tuo!' ".
Poi gli regalò una collana con il logo TCB. "Non c'è stato nessuno come lui, e non ci sarà mai un altro come lui!", ha detto Pietrafeso, lanciandosi in una litania di complimenti nei confronti di Elvis, mentre parla di lui. "Non posso dire a parole che tipo di persona era. Mi sento fortunatissimo ad averlo conosciuto".
Ma uno degli aneddoti di Pietrafeso rivela un aspetto di Elvis che non è facile da capire: la sua paura del palcoscenico.
La sera in cui Elvis si esibì per l'ultima volta a Denver, alloggiò all'ultimo piano dell'Hilton Hotel della città. Lui stava sempre ai piani più alti degli hotels, in modo che fosse difficile per i fans riuscire a raggiungerlo.
Pietrafeso era lì, con lui, insieme a suo fratello Ron, anche lui agente di polizia.
Quando venne il momento di avviarsi dall'hotel verso il luogo del concerto, i due fratelli si unirono ad un piccolo convoglio di auto che trasportavano Elvis ed il suo entourage, 5 o 6 veicoli che, lentamente, si dirigevano verso la McNichols Arena.
Entrarono in mezzo allo stabile, passando attraverso delle porte enormi.
Dopo aver parcheggiato ed aver visto lo staff di Elvis dirigersi verso i camerini, Ron Pietrafeso chiese al fratello di girare tutte le auto in modo che fossero già pronte verso l'uscita, cosicché Elvis ed il gruppo potessero uscire velocemente dopo lo spettacolo.
Poco dopo, Pietrafeso si ritrovò in uno dei lunghi corridoi circolari che circondavano l'interno dell'arena, svolgendo le sue normali funzioni di sicurezza e controllando che non ci fosse niente di anormale.
Arrivarono Elvis e Joe Esposito, pronti per il concerto...o quasi.
Joe si scusò e disse che doveva tornare in fretta nel suo camerino, lasciando Elvis e Pietrafeso nel corridoio, con decine di dipendenti dell'arena che si aggiravano in quella zona.
"Per un paio di minuti" ricorda Pietrafeso, "è stato come se tutte quelle persone fossero sparite e fossimo solamente io ed Elvis in quel corridoio. Aveva indossato il suo jumpsuit bianco ed aveva tutti quei foulard intorno al collo. Aveva i pugni chiusi e guardava verso il basso. Poi alzò lo sguardo e mi disse: 'Sei nervoso?'. Gli dissi di no. E lui disse: 'Sì, io lo sono. Lo sono davvero!'.
Mi colpì: ecco un uomo, che è un'icona fin dagli anni '50, che si è esibito probabilmente davanti a milioni di persone, ed è nervoso?
Elvis era molto nervoso, riusciva a stento a stare in piedi nei momenti subito precedenti il concerto.
Pietrafeso ed altri dovettero letteralmente tenerlo in piedi. L'esibizione di apertura, affidata alle Sweet Inspirations, era appena finita e l'intera arena divenne buia.
"Sei pronto Elvis?" Pietrafeso ricorda di aver sentito Joe Esposito chiedere ad Elvis.
"Sì, sono pronto" rispose Elvis.
Joe Esposito aprì il sipario ed un numero infinito di flash iniziarono ad illuminare tutto.
Una recensione del "Rocky Mountain News" ha stimato che erano presenti circa 19.000 persone quella sera al McNichols Arena, praticamente il tutto esaurito.
Se la stella di Elvis stava svanendo, come molti critici suggerivano a quel tempo, sicuramente non era evidente quella sera.
Lo spettacolo finì ed il re venne portato via di fretta, immediatamente. "Conosci il detto 'Elvis ha lasciato l'edificio'? E' una cosa vera. Questo annuncio è stato fatto dopo che è stata suonata l'ultima nota".
Pietrafeso ricorda Elvis paralizzato dalla performance che aveva appena fatto.
"Quando aveva finito, era sfinito", dice Bob. "Ci aveva messo così tanta energia, che quando aveva finito, si sentiva come se fosse stato colpito da un camion. Lui andava a letto, mentre gli altri rimanevano in piedi a festeggiare".
Elvis Presley è tornato ancora in quei luoghi, ma solo in visita. Era molto legato agli agenti di polizia. Una volta arrivò in aereo da Los Angeles solo per pranzare con Pietrafeso ed i suoi colleghi.
Per un artista che non si è mai sentito a suo agio sotto le luci della ribalta e la cui umile educazione si rifletteva difficilmente con lo stile di vita meraviglioso che era stato capace di costruire intorno a lui, è ragionevole che Elvis volesse semplicemente sentirsi una persona normale.
"Essere", come dice Pietrafeso, "uno dei ragazzi".
Source: westword.com