martedì 14 gennaio 2025

AUTOBIOGRAFIA LISA MARIE PRESLEY - DA QUI FINO ALL'IGNOTO / PUBBLICATA

E' stata pubblicata oggi, 14 Gennaio 2025, dalla casa editrice Piemme l'autobiografia di Lisa Marie Presley con il titolo "Da Qui Fino All'Ignoto" (titolo originale "From Here To The Great Unknown").
Attualmente il libro è al 1° posto nella categoria "Musica Rock" di Amazon.it!
A suo tempo, quando ne venne annunciata la realizzazione, Riley Keough, figlia di Lisa Marie Presley e Danny Keough, ne parlò così:
"Poiché mia madre era la figlia di Elvis Presley, si è parlato costantemente di lei, si discuteva su di lei e la si dissezionava. Quello che voleva fare nella sua autobiografia, e quello che spero di aver fatto nel portarla a termine per lei, è andare oltre l'idea di copertina della rivista e rivelare il nocciolo di chi era. Trasformarla in un essere umano tridimensionale: la madre migliore, una bambina spontanea, un'amica feroce, un'artista sottovalutata, schietta, divertente, traumatizzata, gioiosa, afflitta. Tutto ciò che è stata durante la sua straordinaria vita. Voglio dare voce a mia madre in un modo che non è stato preso in considerazione mentre era in vita.
I nastri sono un ritratto incredibile della forza della natura che era. A seconda del giorno e del suo umore, può sembrare introversa o distratta, vulnerabile e disponibile oppure infastidita e chiusa in se stessa, speranzosa, arrabbiata, tutto. La si può sentire in tutte le sue sfaccettature.
Spero che in una circostanza straordinaria, le persone si immedesimino in un'esperienza molto umana di amore, crepacuore, perdita, dipendenza e famiglia. Mia madre voleva scrivere un libro nella speranza che qualcuno potesse leggere la sua storia ed immedesimarsi in lei, per sapere che non è solo al mondo. La sua speranza, con questo libro, era solo la connessione umana. Quindi è anche la mia.
Sebbene avesse provato vari approcci e si fosse seduta per molte interviste per il libro, non riusciva a capire come scrivere di sé. Non si trovava interessante, anche se, ovviamente, lo era.
Non le piaceva parlare di sé. Era insicura. Non era sicura di quale fosse il suo valore per il pubblico, a parte quello di essere la figlia di Elvis. Era così tormentata dall'autocritica, che lavorare al libro divenne incredibilmente difficile per lei. Non credo che capisse fondamentalmente come o perché la sua storia dovesse essere raccontata. E tuttavia sentiva un desiderio ardente di raccontarla.
Dopo essere diventata estremamente frustrata, mi disse: "Pookie, non so più come scrivere il mio libro. Puoi scriverlo con me?"
"Certamente che posso", dissi.
Gli ultimi 10 anni della sua vita erano stati così brutalmente duri, che era in grado di guardare indietro a tutto solo attraverso quella lente. Pensava che potessi avere una visione più olistica della sua vita di quanto potesse averla lei. Così ho accettato di aiutarla, senza pensare molto all'impegno, dando per scontato che l'avremmo scritto insieme nel tempo.
Un mese dopo morì.
Giorni, settimane e mesi di dolore sono trascorsi. Poi ho ricevuto le registrazioni delle interviste di ricordi che aveva creato.
Ero a casa mia, seduta sul divano. Mia figlia dormiva. Avevo così paura di sentire la voce di mia madre: il legame fisico che abbiamo con le voci dei nostri cari è profondo. Ho deciso di sdraiarmi nel mio letto perché so quanto il dolore renda pesante il mio corpo.
Ho iniziato ad ascoltarla parlare.
È stato incredibilmente doloroso, ma non riuscivo a fermarmi. Era come se lei fosse nella stanza, a parlarmi. Mi sono sentita subito nuovamente bambina e sono scoppiata a piangere.
La mia mamma. Il tono della sua voce.
Avevo di nuovo otto anni, viaggiavo in macchina. Alla radio passavano "Brown Eyed Girl" di Van Morrison e mio padre si fermò e ci fece scendere tutti per ballare sul ciglio della strada. Pensai al bel sorriso di mia madre. Alla sua risata.
Pensai a mio padre, che cercava di rianimare il suo corpo senza vita quando l'aveva trovata.
Poi ero di nuovo seduta sul sedile della macchina e guardavo il viso di mia madre nello specchietto retrovisore mentre cantava Aretha Franklin, mentre la nostra auto sfrecciava lungo la Pacific Coast Highway con i finestrini aperti.
Poi sono finita in ospedale, subito dopo la nascita del mio fratellino.
Bombardata dai ricordi, come un banale montaggio di flashback in un film. Ma reale.
Volevo che mi venisse restituita.
Le prime parti del libro sono per lo più la sua voce: nei nastri parla a lungo della sua infanzia a Graceland, della morte del padre (nel 1977, quando Lisa Marie aveva 9 anni), delle terribili conseguenze, del suo rapporto con la madre, dei suoi difficili anni da adolescente.
È schietta e divertente riguardo a mio padre, Danny Keough. Parla apertamente del suo rapporto con Michael Jackson.
È dolorosamente sincera riguardo alla sua successiva tossicodipendenza ed ai pericoli della fama.
Ci sono anche momenti in cui sembra che voglia bruciare il mondo; altre volte, mostra compassione ed empatia: tutti aspetti della donna che era mia madre, ognuno di quei fili, belli e spezzati, forgiati insieme in un trauma precoce, che si scontrano alla fine della sua vita.
I nastri sono grezzi, con tutti gli inizi e le interruzioni che le persone hanno quando parlano. Ovunque possibile, l'ho scritto esattamente come lo ha detto lei.
In altri casi, ho modificato le parole di mia madre per renderle più chiare o per arrivare a quella che so essere la radice di ciò che stava cercando di trasmettere. Ciò che contava di più per me, era sentire che il risultato finale la rispecchiava, che potevo riconoscerla all'istante nelle pagine, e ci riesco.
Ma ci sono cose di cui non parla nei nastri, cose che non ha avuto modo di dire, soprattutto nella parte finale della sua vita.
Ci siamo viste cinque volte a settimana per tutta la mia vita ed abbiamo vissuto insieme a tempo pieno fino ai miei 25 anni. Dove ci sono lacune nella sua storia, le colmo.
Il punto di forza di questo aspetto del libro era anche uno dei più grandi difetti di mia madre: era costituzionalmente incapace di nascondermi qualsiasi cosa.
Spero che, nel raccontare la sua storia, mia madre si trasformi in un personaggio tridimensionale, nella donna che abbiamo conosciuto ed amato molto profondamente. Sono arrivata a capire che il suo ardente desiderio di raccontare la sua storia è nato da un bisogno sia di comprendere se stessa, sia di essere compresa dagli altri in pieno, per la prima volta nella sua vita.
Il mio obiettivo non è solo onorare mia madre, ma raccontare una storia umana in quella che so essere una circostanza straordinaria.
Chiunque l'abbia mai incontrata, ha fatto esperienza di una forza: passione, protezione, lealtà, amore ed un profondo coinvolgimento con uno spirito incredibilmente potente. Qualunque forza spirituale possedesse mio nonno, scorreva senza dubbio nelle vene di mia madre. Quando eri con lei, potevi sentirla.
Sono consapevole che le registrazioni che mia madre ha lasciato sono un dono. Molto spesso, tutto ciò che resta di una persona cara è un messaggio vocale salvato e ri-salvato, un breve video su un telefono, alcune foto preferite.
Prendo molto seriamente il privilegio di queste registrazioni. Volevo che questo libro fosse intimo come tutte quelle ore che ho trascorso ad ascoltarla, come le notti che trascorreva a letto con noi ad ascoltare l'ululato dei coyote.
Nella sua poesia "Binsey Poplars (abbattuto nel 1879)", Gerard Manley Hopkins scrive di quel gruppo di alberi abbattuti: "I successivi arrivati ​​non riescono a indovinare la bellezza di quel luogo".
Voglio che questo libro renda chiaro quanto fosse bella mia madre".

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