Alanna Nash, autrice di vari libri dedicati ad Elvis Presley, ha intervistato il regista Baz Luhrmann per cercare di conoscere il suo pensiero sul rapporto tra Elvis Presley ed il Colonnello Parker e sulla vicenda che li vede protagonisti del film "ELVIS".
Cosa ti ha attirato, essendo australiano, nella saga di Elvis?
Negli anni '70, mentre crescevo in una piccola città di campagna (Herons Creek, New South Wales) non troppo dissimile da Tupelo, la matinée domenicale nel piccolo cinema gestito della mia famiglia si svolgeva sempre con un film di Elvis.
La famosa jumpsuit bianca di Elvis è stata fonte di ispirazione per i costumi latini che mia nonna mi ha fatto per la festa da ballo. Sono sempre stato affascinato dal modo in cui Shakespeare ha preso una vita e l'ha usata come tela per esplorare un tema più ampio, ed Elvis era la tela perfetta per esplorare l'America negli anni '50, '60 e '70. Era davvero al centro della cultura.
Qual è il senso profondo della relazione Presley-Parker?
Il mio punto di vista come da persona che vede la situazione dall'esterno è che la relazione Presley-Parker sia probabilmente la vera storia d'amore. Non che non ci sia una grande e genuina storia d'amore tra Elvis e Priscilla, ma la storia d'amore che si erge brillantemente, ma si avvicina un po' troppo al sole e cade, è quella tra Elvis ed il Colonnello. È quasi un matrimonio fatto di co-dipendenza che, sebbene sia tossico e distruttivo, non può essere sciolto.
Dipingi il Colonnello come un cattivo?
Forse il tizio cattivo era anche un genio creativo. Ha inventato tantissime cose, dall'uso incredibilmente intenso di merchandising musicale al concerto satellitare ("Aloha From Hawaii", 1973). Un'idea fantastica, motivata, ovviamente, dal mantenere Elvis in America.
Perché Tom Hanks ha un accento molto più forte di quello che aveva Parker nella vita reale?
Ho trovato interessante che Parker fosse diventato ossessionato dai registratori ed abbia iniziato a registrare se stesso. Ho passato molte ore a Graceland ad ascoltare quei nastri sconosciuti.
Il suo accento cambiava radicalmente a seconda della situazione in cui si trovava. Che personaggio gigantesco era: entrava in una stanza e ne risucchiava tutta l'aria, usando l'umorismo per manipolare e controllare. Non si poteva sfuggire dall'enormità del personaggio. Quindi ho pensato che fosse molto importante che Hanks presentasse al pubblico una stranezza: "Cosa sta succedendo a questo ragazzo?"
Nel trailer, Parker dice ad Elvis: "Siamo uguali, io e te. Siamo due bambini strani e soli che cercano l'eternità". Lo erano?
Sì. Entrambi sono nati con un dono: un'immaginazione prodigiosa, la capacità di assorbire ciò che li circondava e l'inventiva.
Andreas van Kuijk era decisamente solo e strano, alla continua ricerca di qualcosa. Ed sicuramente Elvis da bambino era solo e, secondo il modo in cui veniva trattato dagli altri bambini, era strano. E chiunque conoscesse Elvis sapeva che era alla ricerca di qualcosa e non ha mai smesso di cercare fino alla fine della sua vita, spiritualmente, fisicamente e creativamente.
Quanto della narrazione ruota intorno al 1968, con gli omicidi di Robert Kennedy e Martin Luther King?
Dico sempre: nessun problema di razza in America, nessun Elvis. Il fatto di essere cresciuto in una delle poche case bianche in una comunità nera gli ha permesso di frequentare un giovane gruppo di ragazzi afroamericani il suo grande amore, il Vangelo.
Ho rintracciato Sam Bell, un amico d'infanzia afroamericano di Elvis. E Jerry Schilling membro dell'entourage di Elvis mi ha raccontato che erano sul set quando hanno sparato a (Martin Luther) King. Elvis è praticamente crollato tenendo la sua chitarra, dondolandosi avanti e indietro, ed ha detto la stessa cosa che viene detta nel film: "Il dottor King, ha sempre detto la verità".
Il 1968 fu anche l'anno del "Comeback Special" di Elvis. Perché quello spettacolo è stato così importante?
Parker aveva fatto di tutto per dissociare Elvis dalla musica nera, per reinventarlo come una sana star del cinema. Nel 1968, il Colonnello aveva deciso di fare un gigantesco addio ad Hollywood, e sostanzialmente l'idea era quella di trasformare Elvis in una specie di Bing Crosby con uno speciale di Natale.
Coloro che volevano bene ad Elvis avevano espresso palesemente la loro preoccupazione e, nel suo modo molto intimo, discreto, nel modo tipico di Elvis, si è ritrovato ad insistere affinché il regista, Steve Binder, ed i suoi soci Bones Howe ed il direttore d'orchestra William Goldenberg, creassero lo spettacolo.
Diedero vita, sotto il naso del Colonnello, una grande mossa sovversiva ed inventarono la prima sessione di "Unplugged", che riportò Elvis davanti ad un pubblico. Soprattutto, Elvis è stato in grado di ritrovare il suo amore profondo per la musica che amava di più.
I tuoi film spesso finiscono in tragedia. Qual è il significato della storia di Elvis?
Elvis non è un santo, ma era una persona profondamente spirituale e creativa. Verso la fine della sua vita non sapeva che il Colonnello stava complottando per tenerlo a Las Vegas, a causa, in parte, della dipendenza del Colonnello dal gioco d'azzardo. Il Colonnello rappresentava il lato monetario, la commercializzazione, il marchio di Elvis.
La vendita - il marketing, il fare soldi - divenne parte dominante, sovrastando il lato fresco e genuino. E questo genera sempre tragedia. Questo aspetto, in realtà, mi ha motivato ad impegnarmi a fare questo film.
Il Colonnello vedeva Elvis come un'estensione di se stesso?
Elvis incarna davvero lo spirito della cultura pop americana. Ma tu menzioni il Colonnello Tom Parker e nessuno sa chi sia. E questo è stato, forse, il dolore più grande del Colonnello.
La gente gli chiedeva: "Quale percentuale ricevi dai guadagni di Elvis?".
E lui rispondeva: "Vorrai dire quanto prende lui dai miei?".
Scommetto che dal punto di vista del Colonnello, la domanda sarebbe: "Quanto pensi che Tom Parker sia meritevole del successo di Elvis?".
Non si può rispondere a questa domanda. Ma non c'è dubbio che quei due bambini strani e solitari che tendevano all'eternità, bisognosi di incontrarsi negli anni '50, hanno finito nel bene, nel male e nel brutto, per cambiare la cultura popolare, lasciando un'impronta indelebile nella storia.
Alanna Nash è autrice di quattro libri dedicati ad Elvis Presley, tra cui "The Colonel: The Extraordinary Story of Colonel Tom Parker e Elvis Presley" di cui è stata pubblicata una versione aggiornata nel 2022 con una nuova postfazione.