Il docu-film "The King", diretto da Eugene Jarecki, che ha suscitato molte polemiche negli ultimi mesi, è in nomination per ricevere un Grammy Award nella categoria "Music Video/Film" come miglior film.
Questa categoria è focalizzata principalmente su concerti o documentari di carattere musicale e, solitamente, vengono premiati gli artisti, il regista ed il produttore.
In questo caso specifico, per questo film in cui Elvis Presley fa da figura metaforica per descrivere, secondo la visione del regista, il declino dell'America, il premio può essere vinto da:
Eugene Jarecki - come regista
Christopher Frierson, Georgina Hill, David Kuhn e Christopher St. John - come produttori video.
Qualora non ci fosse, si dovrebbe creare anche un premio per le fonti di ispirazione! Se così fosse, Elvis Presley sarebbe in pole position per la vittoria molto più spesso di quanto si pensa!
Lo scorso Luglio il giornale di Memphis "The Commercial Appeal" si era espresso così:Descritto come devastante (Time Magazine), selvaggiamente ambizioso (New York Times), il film "The King", che debutta venerdì al Malco Studio, è diverso da tutte le dozzine di documentari su Elvis Presley, film drammatici e parodie che l'hanno preceduto.
Come già detto in altri articoli, il regista - - noto per i suoi documentari politici come "The Trials of Henry Kissinger" e "Why We Fight" - viaggiando sulla Rolls-Royce appartenuta ad Elvis Presley, trasforma la biografia del re del rock'n'roll in una biopsia di un Paese in declino.
Il film racconta che l'America, come Elvis, ha sperperato il suo talento, il suo potenziale ed ha tradito la promessa del suo glorioso inizio.
Girato nell'arco di circa 2 anni in luoghi simbolo della vita e carriera di Elvis Presley - come Tupelo, Nashville, New York, Hollywood, Bad Nauheim (Germany) ed, ovviamente, Memphis - il film arriva in America circa un anno dopo il suo debutto al Festival del Cinema di Cannes, dove venne presentato con il titolo "Promised Land".
Il regista ci tiene a precisare che la proiezione a Memphis è quella per lui più significativa. Ecco perchè è tornato in città questo fine settimana: per presentare il film e rispondere a tutte le domande, dopo la proiezione delle ore 19.
"Questa è la vita e la morte per me, questo film, questo soggetto" ha detto Jarecki, in un'intervista telefonica da Los Angeles. "Ed il legame tra Memphis ed Elvis è fondamentale per quello che sto facendo".
Ha inoltre dichiarato che lui e la sua troupe hanno girato circa 2600 ore di film, la maggior parte delle quali a Memphis.
"Ci siamo presi il nostro tempo a Memphis. Non c'è bisogno che vi dica il significato che ha Memphis nella storia di Elvis. E' l'epicentro dello scambio e della musica tra il Nord ed il Sud.
L'attore e fan di Elvis Ethan Hawke, è presente in molte scene, tra cui quelle della visita agli studi Sun Records, alla Humes High School, alla Stax Music Academy, dove gli studenti si ammucchiano dentro la Rolls-Royce e cantano due canzoni - "Chain Of Fools" di Aretha Franklin e "Memphis Train To Heaven", una canzone originale dell'istruttore dell'accademia Justin Merrick.
"Tutto è iniziato con il mio amore per Elvis e per l'America, e la convinzione che non c'è mai stato nessuno più emblematico per la storia americana ed il sogno americano di Elvis", ha detto il regista.
"Ho visto una metafora, ho visto un'immagine poetica di come il nostro figlio più amato fosse stato alla fine ferito dal potere e dai soldi, e come tutti noi siamo rimasti feriti dal potere e dai soldi. Il film è una lettera d'amore al Paese, una lettera d'amore ad Elvis, ma una vera lettera d'amore ha anche un po' di amore violento".
Ad un certo punto del film, il biografo di Elvis Presley - Peter Guralnick - (autore dei due volumi "Ultimo Treno Per Memphis" e "Amore senza freni") - collega in modo stravagante, ma anche convincente, Elvis, Herman Melville e la Dichiarazione di Indipendenza.
"Lui è una metafora vivente di qualsiasi immagine dell'America tu possa disegnare", sottintendendo che Elvis Presley ha incarnato la promessa di vita, libertà e della ricerca della felicità.
Jarecki aggiunge: "Lui è un ammonimento. Se lo ami, non vuoi che quello che è successo a lui, succeda a noi".
Dopo aver letto tutto questo articolo, la domanda che mi sorge come fan di Elvis Presley, e che giro anche a voi altri fans, è: a prescindere dalle idee politiche del regista Eugene Jarecki riguardo l'attuale Presidente americano, che a noi non interessano in questa sede, davvero Elvis è una figura da guardare come un ammonimento? Qualcuno a cui non voler assomigliare?
Siamo sicuri che sia davvero questo il modo di guardare ad Elvis Presley, a quello che ha dato al mondo a livello umano ed artistico? E' giusto usarlo come termine di paragone per una società che, secondo il regista, sta andando in sfacelo?